Un’estate a tutto revenue

Massimizzare le entrate nella stagione della ripartenza: i consigli agli albergatori di Franco Grasso, ceo di una delle più affermate società che si occupa di revenue management per gli hotel. Che spiega: “L’Italia è indietro, vince ancora la filosofia dell’occhio del padrone”. E sulle Ota: “Non sono il demonio”
Massimizzare le entrate nella stagione della ripartenza: i consigli agli albergatori di Franco Grasso, ceo di una delle più affermate società che si occupa di revenue management per gli hotel. Che spiega: “L’Italia è indietro, vince ancora la filosofia dell’occhio del padrone”. E sulle Ota: “Non sono il demonio”

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Franco Grasso, Ceo e fondatore del Revenue Team

Revenue management, questo sconosciuto. O meglio, una disciplina di cui l’ospitalità italiana parla molto, senza però metterla mai davvero in pratica, per larghi tratti. È questo il punto di vista di Franco Grasso, ceo e fondatore del Revenue Team che porta il suo nome, tra le realtà più importanti del panorama europeo nel settore. Autore di una trilogia di libri sul tema, Grasso dà qualche consiglio agli albergatori italiani, anche sulla gestione di un’alta stagione mai così decisiva: in primis, quello di ricordare che dinamicità e flessibilità non sono soltanto parole, ma le stelle polari per massimizzare le entrate.

Estate 2021: che stagione sarà?
I segnali sono molto positivi, per quello che osserviamo dai 350 alberghi che seguiamo. Ci sarà una domanda maggiore, distribuita meglio e con maggior presenza di stranieri, con arrivi principalmente su ferro e su gomma da Europa centrale, Germania e Paesi balcanici. Sarà una stagione importante, nella quale sarà decisivo essere bravi a muoversi con le tariffe, modulandole ad arte per ottenere il massimo e compensare quanto perso fino ad oggi.

Come gestire le tariffe?
C’è bisogno di denaro, non c’è dubbio. Il settore è stato trascurato e chi s’è retto in piedi l’ha fatto con le sue forze, e quindi deve recuperare. Ma voler recuperare velocemente non significa necessariamente farlo nel miglior modo possibile. Se c’è fretta di far entrare cash, la tentazione potrebbe essere quella di vendere subito a prezzi che ci sembrano buoni, da alta stagione – magari con vincoli sul booking e depositi – ma questo non è affatto massimizzare i ricavi. La fretta di fare denaro potrebbe generare molto meno di quanto si potrebbe. Sulle tariffe alte, domanda e offerta si incontrano sempre sotto data.
Credo che gli albergatori avranno più facilità a vendere a prezzi contenuti piuttosto che molto alti. Ma molti sceglieranno la via più breve, e meno proficua.

Vorrà dire che non esisteranno i lunedì, dal punto di vista tariffario?
Ci sono alberghi e alberghi, location e location, momenti e momenti. Il lunedì non è il sabato: bisognerà fare un’analisi puntuale su ogni singolo giorno, modulabile in base a molti parametri, non ultimo quello atmosferico. Il revenue management è una disciplina importante e abbastanza esatta anche per questo, perché lavora sui parametri in tempo reale. Succederà invece che l’albergatore venderà con anticipo e con restrizioni, per esser certo di alimentare i flussi di cassa, e non alzerà abbastanza i prezzi durante alcuni periodi chiave. Siamo figli delle nostre abitudini, in questo senso.

Gli operatori dell’incoming segnalano una fortissima richiesta di flessibilità, ancor più che negli anni scorsi.
Le crisi non fanno che enfatizzare e amplificare le abitudini. Dico sempre che per ottenere il massimo un albergo deve essere il più flessibile possibile. Adesso, con la crisi, è diventato evidente a tutti. A fronte di questa necessità di mercato, gli albergatori si irrigidiscono, tendenzialmente, sulle logiche di restrizione, deposito, certezza. Il mercato va in una direzione, l’albergatore non sa leggerlo e guarda soltanto alle esigenze dell’azienda: è comprensibilissimo, ma sono logiche commerciali che non portano a massimizzare i profitti. Il mio consiglio è di essere estremamente flessibili nel corso della stagione, con dinamicità e finestre di cancellazione molto corte, magari escludendo il picco agostano, ma dando margine di scelta al cliente. Non dobbiamo trattenerlo, se non rendendoci interessanti e dando valori aggiunti, non certo imponendo costi.

Gli stranieri da oltreoceano dovrebbero arrivare dalla tarda estate in poi. È un game changer?
No, non cambia nulla. Succederà che verranno messi in atto i cosiddetti fenomeni compensativi. Le città d’arte sono sempre state le preferite dei turisti d’oltreoceano, e quindi da un anno sono ferme. Ebbene, da settembre-ottobre torneranno in auge. Prevedo un eccellente autunno per esse, mentre sul settembre balneare ci aiuteranno gli europei prossemici e gli italiani.

Finalmente ossigeno per Roma, Venezia, Firenze&co, quindi.
Sono molto ottimista anche per l’estate di queste città, ovviamente su numeri non particolarmente alti, ma un bel risveglio ci sarà prima ancora dell’autunno.

A che punto è la percezione dell’importanza del revenue management nell’hotellerie del nostro Paese?
L’albergatore medio non conosce ancora i benefici che ne può trarre, altrimenti sarebbe oggetto di attenzione e di investimenti maggiori. Il focus è ancora sulle migliorie infrastrutturali, ma un tappeto o un abbellimento non incidono quanto il saper fare un pricing corretto o l’utilizzare al meglio tutti i canali commerciali. Siamo all’inizio. Altra cosa preoccupante è che il revenue management non viene visto come disciplina da apprendere con studio e pratica, ma come attività episodica, che magari si risolve nel cambiare due o tre tariffe sulle Ota. Non è affatto così: servono disciplina e know how.

Ecco, le Ota. Google che si scopre alleato degli hotel, Expedia che si veste da consulente di viaggio. Qual è l’equilibrio corretto per un hotel tra Ota e canali diretti?
Booking non sa fare il prezzo, e non deve farlo: è uno strumento commerciale, molto importante, e deve essere utilizzato come tale. La nostra politica commerciale non può essere basata sull’onnipotenza delle Ota, altrimenti siamo messi molto male. Dobbiamo tenere saldamente il timone, fare noi la nostra politica. Ma quando non si hanno le competenze giuste, si è in balia del caso. Ad esempio, non bisogna mai guardare i prezzi che fanno gli altri. Da noi si parla molto di revenue management, più che all’estero, ma poi se ne fa poco. Alcuni dicono che “il revenue management è morto”. Io dico che non è mai nato, non c’è la cultura della dinamicità tariffaria. Le faccio un esempio: io ho scritto tre libri al riguardo, il primo nel 2006. Ebbene, è ancora attualissimo, e aggiungo purtroppo. È un grandissimo peccato, anche con dei livelli base potremmo ottenere grandi benefici.

Il rapporto con l’extra alberghiero. Airbnb ha bisogno di milioni di nuovi host, e per l’estate impazzano appartamenti e case vacanza, per loro natura meno flessibili. È un elemento sul quale puntare per vincere la partita?
Non vedo sfide tra hotel e soluzioni extra alberghiere, sono complementari e lavoriamo per la stessa causa, quella del turismo italiano, senza serie A e serie B. Quest’anno l’extra-alberghiero sarà avvantaggiato dal senso di riservatezza e tranquillità che regala agli ospiti. Anche la poca flessibilità è un prodotto culturale, anche se i limiti oggettivi delle spese variabili sono reali. La verità è che mentre l’extra alberghiero si è messo in gioco per capire le nuove dinamiche commerciali, nell’alberghiero questa umiltà c’è molto meno e ci si allontana dalle logiche del mercato. Gli albergatori si specchiano ancora troppo in loro stessi, e le nostre attività di divulgazione servono anche a stimolare un ricambio generazionale.

Cosa pensa della parity rate con le Ota? Poche settimane fa la “Federalberghi” spagnola è insorta, mentre da noi la questione è superata.
Direi a chi si vuole occupare di hotel di guardare agli enormi problemi che ci sono nelle gestioni alberghiere, invece di concentrarsi su questi aspetti, più che marginali. Sarebbe il caso di dare battaglia sulla alfabetizzazione digitale, sull’applicazione delle tariffe più giuste. Questi sarebbero cambiamenti rilevanti, che aumenterebbero visitatori e volumi. La disparity non penalizza solo Booking, ma anche i processi materializzativi, ed è per questo che noi siamo pro-parity rate.

C’è una “percentuale aurea” di vendite dirette da raggiungere?
Dipende. La disintermediazione presuppone anche etimologicamente una intermediazione: i canali online sono importanti e devono essere utilizzati al meglio, con essi l’albergo ha più fatturato così come la Ota di turno. Se questo processo virtuoso continua, una volta che si è innescato, la disintermediazione muterà, e i clienti per prenotare passeranno sempre più ai canali diretti.
In sintesi: se un hotel ha soltanto un 15% di clienti da Booking, sta sbagliando certamente qualcosa e sta perdendo un sacco di soldi. Una situazione ottimale potrebbe essere, per esempio, un 50-60% di traffico dalle Ota, per certi hotel, che poi scende nel tempo.

Intelligenza artificiale applicata al revenue. A che punto siamo?
La digitalizzazione in Italia è lontana dall’essere a livelli ottimali, specie dagli aspetti più sofisticati. Nella nostra azienda abbiamo sviluppato un settore Ict, con un nostro software di revenue management basato sull’AI, proprio per dare la possibilità all’albergatore pigro di “tirar fuori la pagnotta”. Ma prevale ancora la filosofia dell’occhio del padrone, mentre l’imprenditore deve capire che c’è chi può fare cose – anche importanti – al posto suo. I più giovani in questo riescono meglio, perché conoscono le logiche digitali e capiscono che per fare cassa ci sono strumenti pensati ad hoc, che continuano a lavorare per l’hotel mentre si combatte coi fornitori o si pensa alla gestione quotidiana delle strutture: bisogna dirigere la baracca e allo stesso tempo pensare anche a questi aspetti, altrimenti non si cresce mai.

Un’estate a tutto revenue
- Ultima modifica: 2021-06-29T14:16:19+02:00
da Gianluca Miserendino

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