Come va gestito il servizio di ristorazione in sicurezza? Il lento ritorno alla normalità avviato con la Fase 3, iniziata lo scorso 3 giugno, non ha fugato del tutto le incertezze con cui gli hotel manager devono confrontarsi. La gestione del ristorante ne è un esempio. Indicazioni discordanti su come vanno rimodulati gli spazi ed effettuato il servizio hanno aggiunto ulteriore confusione.
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Inail, per esempio, hanno prodotto a metà maggio un documento tecnico con le linee guida per la “rimodulazione” dell’attività della ristorazione che indicava, tra le altre cose, la necessità di dedicare a ogni ospite uno spazio di 4 metri quadri libero dalla presenza altrui, suggerito l’adozione di barriere divisore e indicato la necessità di eliminare completamente modalità di servizio a buffet, o simili.
Diverse interpretazioni
Il documento è ancora pubblicato e scaricabile sul sito del ministero della Salute. Quando fu reso pubblico provocò un’alzata di scudi da parte di associazioni e imprenditori dei vari settori interessati, preoccupati per la severità delle misure prospettate che, a loro avviso, avrebbero finito per rendere impossibile la prosecuzione di molte attività. Le linee guida alla riapertura per la ristorazione e le attività ricettive, sottoscritte poi dalla Conferenza delle Regioni e approvate da governo e associazioni, definiscono in effetti un quadro meno restrittivo, a cui le imprese della ristorazione hanno risposto con soluzioni che hanno cominciato a consolidare anche una prassi a cui gli ospiti si stanno abituando. Quali sono dunque le cose da fare per garantire la protezione dal contagio di Covid-19 a personale e frequentatori del ristorante di un hotel?
Il lavoro in cucina
Partiamo dalla cucina, dove in realtà non servono particolari attenzioni nella preparazione dei cibi supplementari a quelle che devono già essere attuate in osservanza dei protocolli Haccp. La trasmissione del virus non avviene attraverso gli alimenti. L’attenzione va riservata soprattutto alla disinfezione delle superfici e dei macchinari e al mantenimento della distanza di sicurezza tra le persone, che non deve essere inferiore a un metro. Per questo motivo è utile indossare mascherine chirurgiche e rendere disponibili gel idroalcolici per una frequente disinfezione delle mani, che molto più dell’impiego dei guanti, come ha spiegato di recente l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è utile a impedire la trasmissione del coronavirus. Un altro aspetto importante, che coinvolge anche la sala ristorante, riguarda la ventilazione dell’ambiente cucina, che deve avvenire con ricambio d’aria. I sistemi di cappe obbligatori nelle cucine professionali dovrebbero già essere in grado di soddisfare questa esigenza.
Ricambio dell’aria
Un’avvertenza importante, sottolineata anche dall’ISS, è che gli impianti di climatizzazione non siano usati in modalità di ricircolo. Questo vale sia in cucina che in sala e in tutte le altre aree dell’albergo. Non esiste una dimostrazione scientifica che i sistemi di climatizzazione facilitino la diffusione del virus, ma osservazioni empiriche, condotte per esempio in treni e autobus, hanno sollevato questo dubbio e quindi, per il principio di precauzione, è opportuno far funzionare l’impianto captando sempre aria dall’esterno, per garantire un adeguato ricambio.
Servizio in sala
Per quanto riguarda la sala le indicazioni prescrivono di consentire l’accesso solo a chi ha una temperatura corporea inferiore a 37,5°C e di tenere per 14 giorni l’elenco dei clienti. Per gli hotel questo riguarderà sia gli ospiti della struttura che quelli solo del ristorante. Le strutture dovranno quindi dotarsi di termoscanner oppure di sistemi ancora più avanzati, dotati di monitor e di sistemi di riconoscimento facciale, che consentono di creare in automatico gli elenchi richiesti. Questa nuova produzione di dati impone però anche alle strutture ulteriori attenzioni nel trattamento sicuro delle informazioni, secondo le indicazioni delle norme europee sulla Gdpr.
Tavoli e sedie andranno disposti in modo da garantire una distanza di almeno un metro tra le persone (tranne che in Campania, dove si richiede che la distanza di un metro sia misurata tra i tavoli), a meno che non siano congiunti che abitano sotto lo stesso tetto. In sede di prenotazione, quindi, sarà opportuno informarsi di questo aspetto per predisporre il tavolo. Il servizio dovrà prevedere una serie di attenzioni, come rendere disponibili disinfettanti idroalcolici per le mani per ospiti e personale, non usare menu cartacei, a meno che non siano usa e getta, e ridurre al minimo l’impiego oliere, pepaiole e saliere, privilegiando le confezioni monodose.
Buffet e dehors
Il buffet è consentito, ma anche in questo caso solo se gli alimenti sono confezionati in monoporzioni. Altrimenti dovrà essere assistito da personale di sala, con gli ospiti che non potranno toccare quanto esposto, dovranno indossare la mascherina e rispettare le distanze interpersonali. Queste indicazioni valgono anche per i banchetti cerimoniali e per gli eventi, che possono quindi riprendere. Un’indicazione utile è quella di sfruttare al massimo gli spazi esterni, dove la trasmissione del virus è meno probabile e gli ospiti possono essere liberi di non indossare la mascherina anche se non siedono al tavolo, a patto che mantengano tra loro distanze superiori a un metro.
Il parere dell’esperto
Massimo Artorige Giubilesi è uno tra i più preparati tecnologi alimentari italiani, presidente dell’ordine professionale di Lombardia e Liguria e di FCSI, l’associazione internazionale dei consulenti per il foodservice. È anche docente a contratto presso università, fondazioni, consorzi e scuole di alta formazione ed esperto di sicurezza alimentare per molte riviste di settore.
Massimo, cosa cambierà nel modo di pensare all’igiene del ristorante?
Dovremo ripensare ai metodi usati finora. L’emergenza del nuovo coronavirus ci insegna che non possiamo più affidarci esclusivamente ai prodotti chimici, ma anche ricorrere a tecniche come il trattamento delle superfici con vapore, a 160/180°C, e al trattamento dell’aria con l’ozono.
Di quali tecnologie si tratta?
Sono arcinote e consolidate, ma poco usate nei ristoranti. I sistemi di pulizia con il vapore sono ampiamente disponibili e a basso costo. Per quanto riguarda l’ozono, si produce sul posto, con generatori portatili o connessi all’impianto di climatizzazione, per garantire sia un’azione continua, a locali vuoti, sia discontinua, che consente di ridurre il dosaggio in presenza di persone.
Quali sono invece i prodotti da usare per la disinfezione?
Raccomando l’uso di disinfettanti ad alto spettro, come alcol etilico o isopropilico oltre il 70%, ammoni quaternari ramificati, benzalconio cloruro o triammine. I coronavirus non sopravvivono a temperature superiori ai 65°C o su superfici con pH inferiore a 5,5. Nell’aria, a quanto sappiamo, possono permanere anche qualche ora ma, come detto, sono vulnerabili alla potente azione ossidante dell’ozono.
Che cosa ci insegna quest’emergenza?
Che dovremo riflettere profondamente sul concetto di sicurezza, alimentare e ambientale, a tutela del singolo ma anche della collettività. Questo dovrà portarci a riconsiderare tutte le procedure che applichiamo alla produzione degli alimenti e alla manutenzione delle attrezzature, non soltanto quelle per la produzione dei cibi ma anche per il lavaggio delle stoviglie.
Ristorazione, i cambiamenti in hotel
Milan Marriott Hotel
Tutti gli hotel del gruppo Marriott International adottano protocolli condivisi, definiti anche sulle indicazioni del Marriott Global Cleanliness Council, composto da esperti di varie discipline, compresa la sicurezza alimentare. Il programma prevede linee guida per la sanificazione e l’impiego di video di formazione del personale, soprattutto per spiegare pratiche di igienizzazione e disinfezione. Al Milan Marriott è stata avviata anche una procedura di controllo che si affida ad audit indipendenti per verificare che le operazioni vengano condotte correttamente. Il gruppo punta a un potenziamento del servizio in camera e nuovi approcci alla gestione dei buffet.
Falkensteiner Hotel, Jesolo (Venezia)
In questo cinque stelle si applicano i protocolli di sicurezza per il foodservice che il gruppo Falkensteiner ha definito per tutte le sue strutture. In particolare, nei buffet la distribuzione del cibo avviene esclusivamente attraverso i dipendenti, con ampio ricorso allo show-cooking e alla preparazione dei piatti al momento. È prevista anche una forma di self-service, ma solo di porzioni individuali sigillate. Anche le bevande calde e fredde vengono servite dal personale, senza possibilità di fai-da-te con macchine elettroniche. È stato predisposto un sistema di informazione al cliente, sia nelle strutture che sul sito web, ma anche con messaggi email precedenti all’arrivo dell’ospite. Un altro accorgimento è la creazione di due fasce orarie per consumare colazione, pranzo e cena.
Max Hotel, Livorno
Il quattro stelle livornese del marchio Max Hotels applica il protocollo di sicurezza anti contagio Covid-19 della Regione Toscana. Per quanto riguarda la colazione, è stato eliminato il buffet per dare spazio al servizio al tavolo effettuato dai camerieri. Agli ospiti viene richiesta una prenotazione per indicare l’orario, che deve essere compreso tra le 7 e le 10 del mattino. La struttura ha dovuto eliminare anche la colazione della domenica e il room service. Si può richiedere una breakfast box da asporto prenotandola entro le 21 del giorno precedente. Anche per la cena è necessaria la prenotazione. Per le famiglie non sono previste particolari limitazioni, mentre per pranzi di lavoro vengono predisposte separazioni in plexiglas sul tavolo.