Passaggio generazionale, questo sconosciuto. È così, in estrema sintesi, che è possibile raccontare il rapporto tra le imprese italiane e il concetto di successione aziendale secondo una recente analisi di Deloitte Private, che nel rilevare pregi e difetti delle imprese familiari tricolori ha posto l’accento sulla scarsa preparazione in tema di gestione della transizione tra gli imprenditori e la loro progenie. Un tema che è invece quanto mai centrale, anche per il comparto alberghiero, dal momento che un piano di transizione ben fatto è la chiave per garantire una fruttuosa continuità aziendale. Il report di Deloitte Private racconta che solo due aziende su dieci sono impegnate a pianificare questi futuri cambiamenti, e che appena una su dieci ha già definito e formalizzato un piano di transizione. Oltre un quinto delle aziende, inoltre, dichiara che ad oggi non c’è una nuova generazione a cui passare il testimone e che – quando invece è presente ed interessata (31%) – risulta non ancora pronta ad assumere la leadership. In un panorama così preoccupante, c’è chi invece di “passaggi di testimone dinastici” ne ha portati a compimento con la sua famiglia (e con successo) più d’uno. Tanto da voler aiutare i colleghi albergatori a fare altrettanto. È Virginia Bertone, amministratore dell’Hotel Plaza di Torino e terza generazione al comando della struttura inaugurata dal nonno Mario e passata attraverso le cure di papà Maurizio.
Giovani albergatori: la stoffa c’è
Virginia Bertone affianca al suo ruolo in struttura quelli di presidente del Gruppo Giovani Albergatori di Federalberghi Torino, di docente e di consulente alberghiera, anche sul delicato tema della transizione generazionale. Secondo l’imprenditrice le nuove leve alberghiere dimostrano “apertura mentale, desiderio di formarsi, una forte motivazione verso l’arte dell’ospitalità, anche se non può essere insegnata in ogni suo aspetto ed è fatta anche di predisposizione personale”. Il trend spartiacque è chiaro: “I giovani albergatori approcciano l’hotel a livello meno ‘artigianale’ e familiare, introducendo nell’attività una cultura manageriale che si sviluppa con la volontà di migliorarsi e andando a vedere cosa c’è fuori dal proprio hotel. In tal senso le esperienze di lavoro all’estero sono molto importanti, e mi sento di consigliarle per esperienza diretta”.
Un passaggio di testimone di successo? Ecco come
Eppure, sottolinea Virginia Bertone, se “in Italia più del 50% delle piccole e medie imprese è a conduzione familiare, di queste solo il 13% giunge alla terza generazione”. Quindi, come si rende agevole un passaggio di testimone in hotel? La manager cita come aspetto più importante il fatto che “da entrambe le parti, albergatore senior e albergatore junior, ci siano fiducia nell’altro e volontà di coniugare tradizione e innovazione, garantendo la continuità di impresa. Il senior deve aprirsi alle novità, lo junior non pretendere di buttar via ogni aspetto della tradizione. Ci vuole compromesso, perché la dinamica ‘fuori il vecchio e dentro il nuovo’ crea solo conflitto”. Collegato a questo elemento serve “una comunicazione efficace tra le parti, diversa da quella familiare: quando si entra nella sfera lavorativa si deve imparare ad utilizzarne una più assertiva ed empatica. E poi c’è un terzo elemento che può sembrare banale, ma non lo è: ci vuole pazienza, da parte di tutti. Perché anche gli errori fanno parte del percorso, e il passaggio di testimone è un accompagnarsi vicendevole”. Un’altra strategia importante da mettere in campo da parte dei giovani “sta nell’intervenire negli ambiti in cui l’albergatore senior non opera. Classicamente gli esempi sono quelli del marketing e dei social network, ma vale per tanti campi: dividersi bene i ruoli limita il conflitto. È però vero che i senior non devono insistere sul proporre ai figli attività per i quali questi ultimi non sono portati: meglio individuarne i talenti funzionali alle dinamiche aziendali e assecondarli, secondo criteri meritocratici”.
Senior e junior: gli errori da evitare
Quanto agli errori più comuni Virginia Bertone – nel suo ruolo di consulente – ne individua tre. Il primo è, ancora una volta, legato al “non comprendere dove finisca l’azienda e dove inizi la famiglia. Spesso il confine è molto labile, ma è necessario non trasferire mai sul lavoro le dinamiche – magari negative – legate all’ambiente casalingo. ‘Questo albergo non è una casa’ è un mantra da ricordare, rovesciando il luogo comune”. Altrettanto pernicioso è “disorientare il personale con direttive e approcci al lavoro diversi: senior e junior devono fare attenzione a offrire messaggi coerenti allo staff”. L’ultimo errore, che riporta a quanto rilevato da Deloitte Private, riguarda invece “la mancanza di pianificazione: la transizione tra generazioni non è un passaggio naturale e scontato ma un momento importante, sul quale è necessario soffermarsi, prevedendo un periodo di co-gestione che non può mai essere inferiore ai due-tre anni – come fosse una start up – e non avendo remore nel farsi aiutare, sul piano fiscale come su quello delle strategie”.
Un aiuto dall’esterno
In questo senso una figura di consulente come quella di Virginia Bertone “assume un ruolo super partes, non legato a dinamiche emotive e familiari. È un grande vantaggio, e io stessa ho beneficiato di una figura di questo tipo, che fa da ponte tra le generazioni: motiva il senior nel dare fiducia allo junior e a capire come poterlo instradare al meglio in azienda. Sul lato junior, un consulente è utilissimo nell’affrontare tutte le sfide che i libri di testo non insegnano. E poi i consigli di un coach non sono mai filtrati come quelli di una madre o un padre, e risultano molto più efficaci”. Da docente, Bertone ha inoltre la possibilità di confrontarsi con le “nuovissime leve”, quelle della Generazione Z. Che pregi e difetti li caratterizzano? “Tra i primi rientra sicuramente la loro spiccata capacità di riconoscere il proprio valore: hanno una maggiore consapevolezza di se stessi e del mondo del lavoro, e sanno quello che vogliono. Tra i difetti rilevo invece una certa impazienza, per non dire fretta, di ottenere risultati. Ed è altrettanto indubitabile che in loro sia diversa la percezione del tempo libero, che è sacro e che ha reso meno preponderante lo spirito di sacrificio delle generazioni precedenti”.
Virginia Bertone, amministratore dell’Hotel Plaza di Torino, ha studiato Economia Aziendale nel capoluogo piemontese ed Economia del Turismo alla Bicocca di Milano. Ha inoltre frequentato il Master in General Management per il Comparto Alberghiero della Bocconi e il General Managers Program della Cornell University. Presidente del Gruppo Giovani Albergatori di Federalberghi Torino, Virginia Bertone ha unito alle attività manageriali quelle di consulenza e formazione: accompagna albergatori e hotel manager per migliorare in ambiti come i passaggi generazionali, il revenue management e il marketing & finance. È docente in Hotel Management per i Master Hospitality di Up Level School of Management e HIA Hospitality Innovation Academy. Socia di AIF – Associazione Italiana Formatori. Il suo sito è www.virginiabertone.it.