Un altro modo di cercare – e assumere – personale, che mette al centro le radici e le motivazioni di chi si candida piuttosto che l’inventario di esperienze scolastiche e professionali tipico del curriculum vitae. Lo sta portando avanti già da qualche tempo il Gruppo Cannavacciuolo, che attualmente impiega oltre 250 professionisti tra ristorazione di altissimo livello e ospitalità. Due settori, l’f&b e l’hôtellerie, che sono tra i più “volatili”, quanto a retention della forza-lavoro: è anche per questo che la realtà guidata da Chef Antonino e da sua moglie Cinzia Primatesta ha scelto un approccio diverso. Basato sulla passione.
Ce lo racconta Manuel Pranzo, che del Gruppo è direttore delle risorse umane: “In risposta alle difficoltà legate al reperimento delle risorse umane – spiega il manager – abbiamo deciso di ripartire dalle basi e di affidarci a un metodo che mettesse al centro ciò che ci serve davvero di una persona: che non è un curriculum perfetto – a volte non veritiero o non funzionale, specie in questo post-pandemia – ma la passione, la storia, i trascorsi e le origini familiari e geografiche di ciascuno: elementi che spesso portano con sé una inclinazione per l’ospitalità e per la ristorazione quasi genetica”.
Più che il cv, conta la storia
Da qui la scelta di una filosofia che Pranzo sintetizza in una sola frase: “Ci piace dare la precedenza alla passione, e quindi diciamo ‘no cv, only stories’. In sostanza, non bisogna avere necessariamente delle stelle Michelin alle spalle per lavorare con noi, né trascorsi gastronomici professionali. È più importante che una persona abbia passione per il buon mangiare e il buon bere, e una conoscenza della parte più pratica del nostro mestiere”. Con che risultati? “La differenza nel cambio di approccio è stata tangibile fin da subito: se prima le candidature in risposta a un nostro annuncio erano una o due, oggi arrivano a venti”.
Un approccio social (e di Gruppo)
La strategia si basa molto sull’utilizzo dei social, grazie ai quali “arriviamo a profili di appassionati anche over 40 e over 50, per i quali conta molto la forte influenza dello Chef. Stiamo sperimentando anche TikTok, per arrivare a quel target più giovane di nostro interesse per le stagioni, i bistrot, i nostri canali più ‘sportivi’”.
Quanto alla casa madre, Pranzo precisa che “da queste selezioni ‘social’ il mondo di Villa Crespi è un pochino escluso: lì abbiamo la necessità di rispettare alcuni standard e ci sono altre dinamiche. Ma di fronte a una selezione, vogliamo che le persone si approccino al gruppo Cannavacciuolo e non alla singola location. Non vogliamo che se qualcuno si candida per Torino, vada tenuto buono solo per Torino. Quando contattiamo un professionista approfondiamo tutte le possibilità – Novara, Villa Crespi, la Campania…
È l’intero Gruppo che apre le porte, con le sue mille opportunità. Se si ha l’ambizione di Villa Crespi, non diciamo di no. Ma se è un ambito che in quel momento non è nelle corde del candidato, lo si può indirizzare verso un’altra struttura, e iniziare un percorso insieme”.
Food e ospitalità: mondi a confronto
Nel Gruppo Cannavacciuolo naturalmente il food la fa da padrone, anche sul versante del personale: “Complessivamente – fa osservare Pranzo – contiamo oltre 250 dipendenti, che arrivano a picchi di oltre 270 in alta stagione. Villa Crespi da sola ne assorbe fino a 65, e più in generale la ristorazione è certamente il nostro core business. Sul lato ospitalità – tra Villa Crespi e la Laqua Collection – abbiamo una cinquantina di stanze, e quindi numeri non enormi”.
Tra i due mondi spesso si rileva una differente “fedeltà” del personale, che nel campo ristorativo sembra più incline al turnover. E Pranzo conferma il trend: “Certamente il food ha una retention più bassa rispetto all’ospitalità, che nel nostro caso ha visto una riconferma per il 2024 di circa il 70% delle risorse umane. Ciò vuol dire che ad esempio nella nostra struttura in Toscana e nelle due in Campania non ci sarà quasi alcun bisogno di nuove selezioni per la prossima stagione, che inizierà a marzo”.
Sul lato ristorativo, il manager spiega che oggi “i professionisti più difficili da trovare – nel nostro caso, e in quello di altri colleghi – sono i pasticcieri: veri e propri diamanti rari. Più in generale, la sala è più sofferente rispetto alla cucina. Naturalmente il fatto che a offrire un lavoro sia un nome del calibro di quello dello Chef vale molto, ma il brand non basta più, rispetto a qualche anno fa: se prima era un traino enorme, un timbro di garanzia che ti faceva ‘portare il profilo a casa’, in un mondo con molta offerta di lavoro il prestigio non basta più. Ma non nego che rispetto a un hotel 5 stelle che non ha un nome forte come il nostro, le difficoltà sono infinitamente minori”.
Il fattore Cannavacciuolo
Negli anni, poi, Cannavacciuolo ha fatto dei suoi impegni televisivi anche una occasione di vero e proprio scouting per il suo gruppo, come conferma Pranzo: “Sì, è vero. Nelle nostre strutture abbiamo avuto tanti passaggi di professionisti provenienti sia da Masterchef che dalla Antonino Chef Academy”. Ma quanto sono “decisivi” Cannavacciuolo e la sua consorte nella scelta delle singole risorse umane? “C’è una forte presenza della proprietà all’interno del gruppo – rimarca Pranzo – e con Chef Cannavacciuolo c’è un costante confronto. Ma non c’è un’approvazione delle singole risorse. Lo Chef però tiene molto alla supervisione delle linee manageriali, e quindi le persone che diventano i nostri ‘rappresentanti’ sicuramente un passaggio con lo Chef lo devono fare. Ma per tutto il resto non c’è un’approvazione né un monitoraggio costante. C’è tanta fiducia e tanta libertà, basata sulla condivisione di valori. Anche per le selezioni appena iniziate, e che al momento sono nella fase di screening”.