Think green: il Good Travel Program di Green Destinations

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Pensare e pensarsi sostenibile, sul serio. È questo l’imperativo sempre più categorico del genere umano e, di conseguenza, anche del turismo mondiale. Hôtellerie compresa. Lo sa bene Green Destinations, organizzazione non profit globale nata in Olanda e presente in oltre 90 Paesi – da poco anche in Italia – per sostenere e supportare le destinazioni, le loro imprese e le loro comunità.
A fare la differenza, rispetto ad altre certificazioni “verdi” internazionali, è il fatto che Green Destinations è “tra le pochissime realtà accreditate al GSTC – Global Sustainable Tourism Council, l’organismo internazionale che detta i criteri, ovvero gli standard globali per il turismo sostenibile o, come amo chiamarlo io, responsabile, su tutta la filiera turistica e su ogni aspetto, non solo quello dell’ecologia”, spiega Concetta D’Emma, prima rappresentante per l’Italia di Green Destinations. L’altro elemento qualificante dell’organizzazione sta nel suo essere “l’unica ad aver premiato e certificato oltre 500 destinazioni in tutto il mondo: di conseguenza possiede il più grande database in assoluto, oltre a un’esperienza e a una rete a livello di networking ineguagliabili: annovera oltre 75 partner e rappresentanti a livello globale”.

Concetta D’Emma, prima rappresentante per l’Italia di Green Destinations

Il turismo responsabile in cattedra
Il tema per gli hotel, quindi, è quello del compiere passi verso una sostenibilità concreta e non di facciata, e vedersela giustamente certificata. Ai massimi livelli possibili. Ne va delle celebri “foglioline” sulle Ota, e della reputazione tra i clienti potenziali, sempre più attenti alla filosofia di ospitalità coerente e trasparente che una struttura mette in atto. Ma ne va anche della vita sul pianeta Terra, elemento che rende necessario un radicale cambio di rotta da parte di tutti, e in fretta. Il marchio di Green Destinations per le imprese di tutta la filiera turistica si chiama Good Travel Program.
La novità assoluta per l’Italia è che, grazie alla rappresentante per l’Italia, “per la prima volta una certificazione sul turismo responsabile viene pensata in modalità ‘challenge’, di sfida, con percorsi al contempo di gruppo e individuali e con tre livelli di coinvolgimento – Start Up, Premium e Ambassador – che si adattano alle varie tipologie di azienda turistica, al loro target, al loro dimensionamento e ad altri parametri. In più si tratta di “una certificazione adatta sia a chi ha fatto ancora poco o nulla in tema di sostenibilità, sia a chi ha già fatto molto e magari ha già preso altre certificazioni: permette di raggiungere via via tappe che portano a un ‘livello successivo’ e di continuo miglioramento”.

Il percorso formativo
Quanto alla struttura del percorso formativo, d’Emma rimarca che “prevede l’appartenenza per due anni a una community all’interno di una academy online, con un acceleratore iniziale da otto settimane, per due ore online a settimana, su dieci aree: energia e clima, cibo e prodotti, accessibilità, sprechi, management & comunicazione… Un mix tra formazione, coaching, consulenza e intrattenimento che mette tutti sullo stesso livello e vuole essere inclusivo sotto ogni aspetto. Il percorso è aperto a tutte le persone dello staff, previa selezione per verificare la motivazione di chi partecipa: la possibilità deve essere data a tutti e tutti devono essere parte di questo ‘viaggio’ nelle singole realtà aziendali”.
Le otto settimane di “corso intensivo” non esauriscono però affatto le attività, che continuano con “gli approfondimenti, il team building, il networking e la cooperazione, con lo scambio di best practices e di casi-studio. Ci saranno anche eventi live per fare formazione esperienziale e dal vivo”. Quanto alla durata della certificazione, essa “è biennale e parte nel momento in cui vi è stato l’esito positivo da parte di un audit esterno”.

L’organizzazione Green Destinations è nata in Olanda e presente in oltre 90 Paesi

I benefici: business e filosofia
Il primo passo per entrare nel Good Travel Program? “È quello di contattarci: è importante concordare un primo colloquio per conoscersi e per stabilire se la struttura abbia il ‘green factor’, ovvero per capire cosa stia già facendo e quale sia il suo potenziale, anche perché – una volta intrapreso – quello del turismo responsabile è un percorso che non ha fine”. Tra i vari benefici, la rappresentante italiana sottolinea il fatto che “tutte le aziende certificate saranno presenti nella Good Travel Guide, e all’interno di Sustainable First, Ecohotels.com, Tourism 2030 e Booking.com (grazie alla partnership e il database di Travalyst & BeCause), dando la possibilità pertanto di posizionarsi in modo specifico su questi target. Quando una struttura ricettiva ottiene la certificazione, automaticamente viene inserita su Booking.com con tre foglioline+”. Con la certificazione, inoltre, “mettiamo in contatto le strutture con i tour operator del nostro network, un matching per attirare una clientela più in linea con i nostri valori”. E poi a ITB Berlino 2024 andranno in scena i primi Green Awards per le aziende turistiche, cosa che al momento Green Destinations fa sulle destinazioni. Un modo in più di essere davvero protagonisti sulla scena globale e ispiratori del turismo responsabile”.

L’impossibile impatto zero
Ecco, ma fino a che punto il turismo di massa può essere sostenibile? “Dal mio punto di vista il turismo, anche quello di massa, ha bisogno di essere educato e formato, a partire dai player. È un percorso di evoluzione e al contempo di rivoluzione, che comporta impegno e consapevolezza. Ma che è necessario. Non si può parlare di impatto zero, è un errore madornale. Ogni attività umana ha un impatto. La sfida principale oggigiorno sta nel fare scelte che impattino il meno possibile. Ed è frutto di scelte più consapevoli e responsabili”.

Scenario Italia: i led non bastano
Quanto all’Italia, il principale problema degli operatori del turismo sta secondo D’Emma nel fatto che “c’è la convinzione che basti avere qualche pannello fotovoltaico o fare la raccolta differenziata, per potersi definire green. Spesso si prende la decisione di diventarlo solo se esce qualche bando che dia dei soldini. E soprattutto, non si è ancora capito che il vero problema è sensibilizzare, formare e coinvolgere il proprio staff, affinché si creino nuove, sane abitudini che portino appunto ad un reale ‘status’ di sostenibilità e responsabilità, quello che vogliono e si aspettano tassativamente questi viaggiatori. Siamo troppo inclini alla lamentela, piuttosto che alla proposizione: ci lamentiamo di tutto, anche quando i benefici sono palesi e davanti ai nostri occhi!”. D’Emma rileva anche “un certo timore a comunicare online quanto siamo bravi, a raccontare le belle cose che facciamo, ad essere fieri dei nostri successi”.
Così, negli hotel italiani, in media “si è fatto qualche passo avanti sulla sostenibilità ambientale ed economica, ma non viene considerata ancora la sostenibilità sociale e culturale, come il coinvolgimento della comunità locale e il benessere sociale e di inclusione a 360°. Dobbiamo prendere consapevolezza del fatto che essere sostenibili e responsabili è un modo di essere, di pensare, di comportarsi, di agire, di vivere la vita. Al lavoro così come a casa”.
Il turismo responsabile e la sostenibilità sono temi oggi ineludibili per ogni struttura ricettiva: Green Destinations mette in campo una certificazione pensata per aiutarle a evolversi continuamente, attraverso un format che mette insieme sfida e cooperazione

Think green: il Good Travel Program di Green Destinations - Ultima modifica: 2023-11-23T14:43:06+01:00 da Gianluca Miserendino

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