Le bollette si prendono la scena. In primo luogo, quella del gran teatro dell’ospitalità, che vede gli albergatori da sempre alle prese con il mantra del risparmio energetico e quello del giusto equilibrio tra le spese per elettricità, gas, acqua & co e i giusti livelli di servizio da garantire alla clientela e la sostenibilità ambientale.
Se l’energia si prende il 20%
Un tema ancor più ineludibile nei mesi dei rincari generalizzati, causati dagli accadimenti internazionali tanto quanto dalle politiche energetiche dell’Italia, a dir poco deficitarie già da molti anni e che fanno sì che un hotel italiano paghi incomparabilmente di più, in termini di utenze, rispetto a una struttura francese o tedesca. Un recente studio di Confindustria Alberghi ha ben spiegato la “tempesta perfetta” causata dal combinato disposto di pandemia e rincari energetici, che “in una situazione già difficile – spiega la Presidente Maria Carmela Colaiacovo – sta decimando i fatturati: l’aumento esponenziale dell’energia ha fatto lievitare i costi per le imprese in misura insostenibile, tanto più in un quadro caratterizzato da una bassissima occupazione e che – anche per questo motivo – non può gravare sull’utente finale”. I dati sui rincari energetici parlano da soli: “Nel corso del 2021 – osserva Colaiacovo – la sola componente gas ha registrato un incremento del costo di quasi il +400%, a fronte di una contrazione del fatturato che nelle città d’arte è andata ben oltre il -60%. La quota di fatturato che sarà assorbita dalla componente energetica, secondo le nostre stime, salirà dal 5,2% del 2019 al 20% (+285%)”.
Prima lo studio, poi l’intervento
A maggior ragione, in questo scenario diventa importante – oltre che chiedere al Governo sostegni e un trattamento da “imprese energivore” – attrezzarsi singolarmente per ottimizzare i propri consumi. Come? L’abbiamo chiesto a CO2save, azienda che si presenta come “officina del risparmio energetico” e le cui attività iniziano “dallo studio di tutti i consumi di una struttura alberghiera – come ci racconta il responsabile del settore Aldo Zanirato – per poi passare a preparare un rapporto di base e a commisurare le utenze alla base creata, per verificare dove si stia spendendo più del dovuto, e se c’è qualcosa da migliorare”. Un lavoro che non passa affatto soltanto dallo studio delle bollette, se è vero che “facciamo misurazioni anche pratiche, con strumentazioni adeguate, e poi installiamo i nostri software, che ci permettono di monitorare gli impianti da remoto, per controllare quotidianamente ciò che sta accadendo nella struttura e segnalare, attraverso un energy manager, eventuali anomalie, tenendo conto che non tutti i sovraconsumi lo sono: può esserci stata una conferenza o una notte bianca in hotel. Ma serve monitoraggio”. Naturalmente tutto ciò è anche a disposizione della struttura, ma non dovrà impiegare risorse tecniche, normalmente già molto impegnate nelle continue sfide quotidiane, che non avrebbero il tempo materiale per stare davanti ad un monitor nell’attesa di vedere qualcosa di anormale.
Albergatori tra troppi impegni e “distrazioni”
Ma qual è la situazione media negli hotel tricolori, al momento? “Bisogna fare una distinzione – racconta il Responsabile Business Development Giulio Paiato – tra strutture a conduzione familiare e catene, più o meno grandi. Gli albergatori singoli pensano di essere abbastanza attenti ai consumi, in genere. Ma è quell’attenzione che può portare a sprechi e a problemi all’impiantistica. Faccio un esempio sull’aria condizionata: spesso viene accesa e spenta senza tener conto di quando sia effettivamente utile che funzioni, e magari arriva a regime quando non serve più. Questi albergatori fanno del loro meglio, ma a volte mancano di conoscenze”. Quanto alle catene, invece, “tra i nostri clienti abbiamo realtà come HNH, che è autonoma e molto ben strutturata, con un suo energy manager: in questi casi, dopo un focus energetico iniziale e fissati dei benchmark in base alla tipologia di struttura, il nostro lavoro diventa di monitoraggio sulle scadenze di legge energetiche”. Nei casi di catene più sviluppate, invece, la sfida diventa di altro tipo: “Lì si siedono al tavolo il fondo di investimento, il gestore, il manutentore, il direttore dell’albergo… E con i nostri sistemi, dobbiamo trovare la giusta formula di cooperazione tra tutte queste figure, che hanno interessi magari non esattamente convergenti: c’è chi ha come priorità il comfort dell’ospite e chi il risparmio”.
Quando l’impianto va cambiato
E se anche la vetustà degli impianti ha un suo peso negli sprechi energetici, “in questi casi il nostro compito è quello di aiutare a valutare modi e termini di una eventuale sostituzione della strumentazione, ma sempre come presenza terza – rimarcano Zanirato e Paiato –. Ci spingiamo fino alla progettazione esecutiva, alle indicazioni sui migliori produttori. Ma per noi la parola magica è terzietà. Una volta portata una struttura al minimo dei consumi possibile per i livelli di servizio richiesti, poi sorvegliamo che non ci siano dimenticanze o guasti che facciano consumare di più. Facciamo la guardia, siamo come i genitori che controllano se è stata spenta la luce in bagno. Poi se la lampadina è Philips o Osram, poco cambia”.
Lusso “sprecone”?
Ma quanto è vero che il lusso “spreca” di più? È solo una percezione? Paiato premette che “il livello di servizio del lusso si porta senz’altro dietro dei consumi di base più alti. Ma anche in questo segmento assistiamo a sovraconsumi che possono essere tagliati, ad esempio sui livelli di comfort di quelle stanze che – dai software gestionali – non risultano prenotate. Teniamo conto che il riscaldamento è più facile da gestire, e meno costoso, della refrigerazione. Basti pensare che alzare o abbassare di un grado la temperatura d’estate comporta un risparmio o un sovraconsumo del 7%. Anche sulle sale meeting si può lavorare: pur in presenza di un piano eventi stabilito e ben programmato, restano spesso sempre accese. E se le presidiamo, anche nell’extralusso possiamo tagliare le spese. Un kilowatt acceso un intero anno vale tremila euro”.
Il risparmio possibile
Concretamente, di quanto si possono tagliare i costi con i servizi di aziende come CO2save? “Innanzitutto – spiegano i due manager – è un lavoro che consigliamo per gli hotel che consumano dai 150mila kilowattora annui in su, e quindi escludiamo gli hotel stagionali a Rimini, per fare un esempio. Il risparmio dipende da come si stava gestendo l’energia fino a un momento prima: se una struttura è gestita bene, un sistema come il nostro garantisce dal 5 al 15 per cento di risparmio, cifre già importanti, che ricorrono ogni anno e che soprattutto vanno a incidere sull’ultima riga, sull’utile. Se invece non si è gestori diligenti, la percentuale sale di molto. La verità è che l’albergatore percepisce la bolletta come una tassa: cosa vera al 60%, ma non per il restante 40%, che si può gestire. Perché, anche quando pensa di aver fatto il meglio possibile, un albergatore ha magari semplicemente assunto dei valori anomali come normali e necessari, e invece non è affatto così”.
Un’attività che va seguita “con riunioni settimanali tra direzione, sede e manutenzione, per capire cosa avviene con le azioni messe in campo e correlarle alle previsioni, inserendo la variabile energetica nelle attività di operation”. Una politica, insomma, che “oltre che sul breve periodo, premia su quello medio-lungo: prendere coscienza piena del funzionamento degli impianti e rendere variabile i costi è una operazione che porta valore”.