Hotel alla conquista della clientela esterna, consigli d’uso

Le parole d’ordine dell’ospitalità ibrida sono comunità, creatività e flessibilità. Agli architetti il compito di rendere il progetto di interior design omogeneo e di creare armonia fra spazi privati e spazi pubblici
21 House of Stories Città Studi, Milano
Le parole d’ordine dell’ospitalità ibrida sono comunità, creatività e flessibilità. Agli architetti il compito di rendere il progetto di interior design omogeneo e di creare armonia fra spazi privati e spazi pubblici

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Ospitalità ibrida, spazi condivisi, ambienti aperti: sono diverse le espressioni che definiscono uno dei nuovi percorsi seguiti dal management e dalla progettazione degli hotel, ma quale significato e funzione racchiudono, concretamente? Hotel Domani ha aperto il dialogo fra le professionalità coinvolte nel settore – dai progettisti ai managing director ai development director – per approfondire il tema.

Esperienze di valore

Comincia ad inquadrare l’argomento Nicola Accurso, managing director di 21 House of Stories, progetto nato da un’idea imprenditoriale di Alessandro e Mauro Benetton seguendo i macro trend legati all’ibridazione degli spazi, le necessità legate al coworking e il bisogno di socialità: “Negli ultimi 20 anni sono nate, specie nel nord Europa, diverse realtà di ospitalità ibrida, la cui caratteristica principale è la presenza di spazi comuni multifunzionali e aperti al pubblico (non solo a chi pernotta). Questo approccio genera valore, sia esperienziale che economico. L’esperienza è l’aspetto fondamentale: sommare servizi senza pensare all’esperienza genera effetti controproducenti. Ad esempio, non basta mettere a disposizione una sedia e un tavolo in una lobby per offrire un servizio di coworking, l’esperienza sarebbe vuota e inconsistente. Al contrario tutto lo spazio e il servizio vanno pensati e organizzati per offrire un’esperienza di valore. Le nostre due strutture coniugano hotel, coworking, una proposta food & beverage da locale e spazi unconventional per eventi (privati e aperti al pubblico). Questi verticali consentono la creazione di un ambiente vivo, dinamico e in relazione costante con la città e la community”.

Nuovi spazi per nuove tendenze

È d’accordo Gabriele Ciorra, general manager di Combo Milano, mentre lega questa tendenza ai cambiamenti della società: “Il mondo del lavoro è cambiato, le storie delle persone che vivono le città seguono ritmi nuovi in continua evoluzione. La crescita dei freelance e dunque la necessità – per loro – di trovare spazi comodi da cui poter lavorare, con un’offerta food corretta per i loro bisogni, che scivoli dalla colazione, al pranzo, all’aperitivo, alla cena, a un drink serale, è sempre più diffusa e ben si intreccia con le vite degli ospiti dell’ostello, che a qualsiasi ora del giorno possono trovare al piano terra un ambiente vivo e stimolante. Ci piace pensare ai nostri groundfloor come dei comodi salotti che ospitino, generino e muovano idee e persone curiose”.

Nato per gli studenti

All’esperienza di Combo – con le sue sedi a Milano, Venezia, Torino e Bologna – è incentrata sul creare comunità proponendo diverse interpretazioni del concetto di ospitalità, anche The Social Hub si inserisce in questo percorso, come racconta Elena Cattani, regional development director Italy nel tracciare la sua origine: “The Social Hub ha aperto la sua prima struttura nel 2012 con il nome di The Student Hotel dalla convinzione del suo fondatore, Charlie MacGregor, che gli studenti meritassero di meglio: Students deserve better. Poco dopo abbiamo ampliato ai genitori degli studenti, perché ai parenti in visita piacevano molto le nostre strutture fatte di spazi condivisi e accoglienti. Nel corso degli anni la comunità quindi si è allargata e di conseguenza ci siamo evoluti – raggiungendo le 23 sedi –, trasformandoci in un luogo ibrido con alloggi, bar, ristoranti, palestre, negozi, spazi per riunioni ed eventi e spazi di co- working, arrivando a vincere nel 2019 un premio come pionieri dell’ospitalità ibrida. Questa evoluzione ha cambiato la nostra missione che dal 2022 è Tutti meritano di meglio”.

Fonte di redditività

La voce dell’architetto, in questo caso Alberto Apostoli, founder e ceo di Studio Apostoli, arriva per dare conferma: “La possibilità di aprirsi a clientela ‘terza’ è ormai fondamentale per le strutture ricettive, è un elemento di business non trascurabile che garantisce una maggiore redditività facilmente quantificabile: i comparti business, leisure o food possono ottenere un reale aumento di revenue e l’utente esterno che vi si approccia in prima battuta esclusivamente per queste necessità, può inoltre diventare successivamente cliente della struttura”.

Ospiti dall’indole creativa

A chi si rivolgono i progetti per un’ospitalità aperta, qual è il profilo dell’ospite tipo? Ne parlano ancora una volta i diretti interessati riconoscendo un comune denominatore che unisce le varie tipologie di clienti: la creatività. “Ci piace pensare al nostro pubblico come dei curiosi, studenti e giovani lavoratori italiani, europei e internazionali in città e poi viaggiatori alla ricerca di stimoli. Ma anche freelance, famiglie, fino a persone più adulte in cerca di un’esperienza diversa. È difficile riferirsi ad un segmento molto netto: ogni città attrae persone molto diverse tra loro, spesso di diverse età, ma uniti da una stessa curiosità per il nuovo e l’insolito”, racconta Gabriele Ciorra

Nicola Accursio apre la prospettiva mentre specifica che 21 House of Stories non ha solo un target, sentendosi però affine al mondo creativo: “dalla comunicazione all’entertainment, dal digital alle start up”.

“Con hotel situati nelle città più dinamiche d’Europa, The Social Hub unisce le persone per creare una comunità unica di neo residenti, studenti, nomadi digitali, co-worker, e i residenti interessati a frequentare i nostri spazi aperti al pubblico. Il nostro modello, unico nel suo genere nel settore dell’hospitality, vuole riunire comunità e target diversi, favorendo le connessioni e la creazione di community”, chiude Elena Cattani.

Gli spazi di successo

Nella molteplicità degli spazi ibridi proposti – da quelli nell’ambito food&beverage, ai coworking, alle spa – stilare la classifica di quelli di maggior successo non è sempre facilissimo, perché molto dipende dalla posizione dell’hotel o da variabili particolarmente fluttuanti, come la vicina concorrenza, il carattere della città o le dimensioni della struttura, per citarne alcune. Ci siamo però rivolti ai progettisti per capire, facendo riferimento alle loro realizzazioni, quali sono gli ambienti progettati più di frequente e se riescono a definire una graduatoria fra gli spazi più richiesti. Apre l’argomento Alberto Apostoli: “Sicuramente la componente business, in relazione anche all’evoluzione del mondo del lavoro con possibilità di smartworking o da remoto, è fondamentale, ed è quindi necessario prevedere postazioni singole o in coworking riservabili per tutta la giornata o brevi periodi, con facilities di immediato accesso. Parallelamente è importante ricavare aree meeting più ampie e riservate, con componentistica multimediale e tecnologie all’avanguardia, che permettano una fruizione sì flessibile dello spazio ma altamente professionale. L’area ristorante è sicuramente un altro aspetto fondamentale, ma citerei anche l’ambito spa & wellness”.

Incontrarsi in hotel

Se gli spazi legati al lavoro, nelle sue nuove modalità, rappresentano una richiesta sempre più frequente da parte della committenza, rimane saldo lo zoccolo duro occupato dalla ristorazione, come raccontano Claudio Saverino e Tiziano Vudafieri di Vudafieri Saverino Partners: “ristoranti e bar rappresentano un’altra funzione pubblica chiave, diventando luoghi di aggregazione per residenti e ospiti.

Questi spazi offrono esperienze culinarie e momenti di socializzazione in un ambiente accessibile e accogliente, rendendo l’hotel un punto di incontro per la città. Un esempio in questo senso è il Milano Verticale | Una Esperienze dove abbiamo creato uno spazio che è allo stesso tempo un hotel urbano, una destinazione food & beverage, un luogo di incontro per il lavoro, un hub di servizi innovativi. Abbiamo concepito Milano Verticale come un’estensione della città stessa, un dispositivo urbano al servizio di Milano”.

Emozioni condivise

Concordano dallo studio Pierattelli Architetture mentre confermano che “gli spazi che attraggono di più gli ospiti esterni sono quelli della convivialità per eccellenza e perciò i ristoranti e i bar. Nel caso del progetto di Pieve Aldina, boutique hotel a Radda in Chianti, in Toscana, il ristorante è aperto anche agli ospiti esterni garantendo un’esperienza unica ed una cucina del territorio contemporanea. Le persone che visitano quel luogo per una sera soltanto provano le stesse emozioni di quelle che alloggiano nella struttura per più tempo e questo è un aspetto al quale teniamo tantissimo: fare sentire gli ospiti parte di un luogo, farli sentire accolti e protetti attraverso un progetto coerente e volto a un benessere totale”.

Oasi di verde per tutti

Una nota particolare arriva da The Social Hub, che apre la classifica al verde attraverso le future inaugurazioni: “Per The Social Hub Roma San Lorenzo stiamo lavorando per realizzare un parco pubblico accessibile a tutti i cittadini. I nostri architetti paesaggisti, in primo luogo Antonio Perazzi, stanno lavorando per renderlo uno spazio attraente, sostenibile ed inclusivo, per la comunità di San Lorenzo e la città di Roma. Il parco è stato pensato in questo progetto come un’oasi per fuggire dalla giungla urbana. Arbusti, alberi, piante e fiori, pavimentazioni drenanti e aree a prato si alterneranno per poi aprirsi sul parco centrale che abbraccerà il nuovo edificio che ospiterà The Social Hub. Invece, The Social Hub Firenze in Viale Belfiore sarà, come quello di Viale Lavagnini, un luogo aperto a tutti con in più un parco aperto al pubblico sulla terrazza, una strada con attività commerciali, un parcheggio (aperto anche alla città)”.

Introversi o estroversi

La relazione con la città è uno dei temi che progettisti e management devono approfondire quando prevedono l’inaugurazione di una struttura con spazi ibridi e rivolti anche a ospiti che non pernottano. L’albergo dovrà avere un carattere estroverso, quindi aperto e molto comunicativo, o comunque introverso, per rispettare la privacy degli ospiti?

Flaviano Capriotti, di Flaviano Capriotti Architetti, fa parte della prima scuola: “l’albergo è un luogo privato sebbene con accesso pubblico, è un edificio che ha come funzione quella di diventare casa per alcuni giorni o alcune ore. Come una casa è bene che un albergo abbia un carattere introverso: non deve attrarre persone, non si tratta di una stazione o un teatro, ma di un luogo intimo, per cui non vedo particolari esigenze di apertura e connessione verso la città. La connessione si ottiene attraverso i servizi, la qualità e la capacità di offrire un eccellente servizio”.

Di parere diverso, invece, Gabriele Ciorra; la struttura di Combo, infatti, prevede solitamente un piano terra completamente aperto alla città e accessibile anche agli ospiti che pernottano, per favorire incontro e scambio: “gli spazi sono pensati come comodi, che possano prestarsi ai vari momenti della giornata: un luogo dove flessibilità e calore si incontrano, da mattina fino a tarda sera, in cui sentirsi a casa, ma anche un po’ viaggiatori. Un hotel, dove, se si vuole, è possibile condividere tempo e spazio con cittadini, scivolando tra i diversi momenti della giornata, in piena libertà. Questo è qualcosa di sconosciuto ad un hotel più ‘classico’, in cui ogni spazio è dedicato quasi esclusivamente ai viaggiatori, con rarissime possibilità di interazione tra gli ospiti”.

Personalità flessibile

Se Combo sceglie di dedicare un intero livello delle sue strutture alla città, l’esempio proposto da Claudio Saverino e Tiziano Vudafieri riferendosi al loro progetto Urban Hive Milano è incentrato sulla flessibilità: “per valorizzare la superficie e consentire differenti destinazioni d’uso nel corso della giornata abbiamo optato per una progettazione circolare rivolta all’uso degli ambienti comuni. Questa strategia ha permesso di trasformare spazi come sale colazione o lobby in spazi coworking durante la giornata, attirando professionisti e startup che cercano ambienti di lavoro flessibili. Questa flessibilità è supportata da un’attenta progettazione che prevede l’uso di pareti mobili e soluzioni modulari, che consentono di riconfigurare rapidamente gli spazi, permettendo loro di svolgere più funzioni senza compromettere l’armonia estetica”. A proposito di relazione con la città, se dichiarata o riservata, gli architetti continuano così: “L’apertura verso la città può essere dichiarata integrando l’hotel nel tessuto urbano attraverso soluzioni architettoniche che promuovono una connessione visiva e funzionale tra gli spazi interni e l’esterno. Le vetrine su strada non sono solo un elemento di progetto, ma diventano un canale di dialogo tra l’architettura dell’hotel e l’ambiente circostante. L’apertura verso la città non è soltanto fisica, ma anche funzionale: l’hotel diventa un luogo di interazione tra turisti e abitanti locali, favorendo uno scambio continuo di esperienze e cultura”.

Apertura delle prospettive

Chiude Pierattelli, nel raccontare che predilige progettare spazi aperti permeabili, bilanciati e distribuiti in modo che quasi non si percepisca lo stacco fra ciò che è pubblico e ciò che è privato, in una generale apertura delle prospettive: “la verità è che si tende spesso ad incasellare funzioni ed utenti come se fossero le pedine di una scacchiera, la nostra volontà è invece rompere questo paradigma e dare alle persone la possibilità di scegliere, entrare per un thè o per una lezione di yoga, farsi un drink con gli amici oppure una cena romantica con la fidanzata o più semplicemente fare un giro per vedere che aria tira dentro”.

Strategie per la comunità

Come entrare in città e attrarre nuovi visitatori? Un sistema può essere quello di offrire programmi densi e ricercati di attività, spaziando fra varie discipline e relativi appassionati. È così, per esempio, che stanno facendo 21 House of Stories, Combo e The Social Hub. Comincia a raccontare la propria esperienza Nicola Accurso, da 21 House of Stories: “i nostri coworking, che chiamiamo co(z)working per la caratterizzazione molto ‘cozy’ che li contraddistingue, riscuotono un grande successo. Dall’inizio dell’anno sulle due strutture registriamo più di 16mila presenze per questo verticale. Anche gli eventi aperti al pubblico (talk, concerti dal vivo, workshop, mercatini solidali ecc.) generano grande interesse e molta partecipazione. Senza contare i tantissimi eventi privati (aziende, ma anche persone che intendono celebrare compleanni, lauree ecc.) che trovano nei nostri spazi poco convenzionali un luogo di incontro ideale. Straordinario poi il successo de “I Mirador” ovvero le terrazze panoramiche con piscina di 21 House of Stories Navigli che la sera, durante la bella stagione, diventano un locale separato (sempre di nostra gestione) aperto al pubblico. Siamo il nuovo place to be per chi vuole provare una drink experience di qualità guardando Milano a 360°, tra i più celebrati sulla stampa e sui social”.

Segue Gabriele Ciorra con Combo: “rispettando la struttura di ogni palazzo e delle città in cui sono presenti, ogni Combo è stato pensato per entrare in contatto con le persone che ne abitano i quartieri, offrendo un nuovo modo di vivere la comunità e nuove possibilità di interazione attraverso una ricca offerta culturale, aperta al pubblico della città, come ai turisti. Una proposta eterogenea che include talk, proiezioni, mercatini, concerti, dj set, laboratori e mostre, curata dal nostro team creativo in collaborazione con leader del settore, come MUBI, Club to Club festival, Threes Productions, Kuboraum, e tanti altri. La proposta f&b dalla colazione, all’italiana e internazionale, all’area coworking, al pranzo di lavoro, a drinks e apèro con amici, è invece quello che dà ritmo costante ai nostri spazi”.

E chiude Elena Cattani con The Social Hub: “Per The Social Hub Belfiore stiamo lavorando ad una intensa campagna di attivazione e promozione coinvolgendo il vicinato e gli artigiani come i commercianti locali affinché sentano Belfiore come un progetto che fa distretto e arricchisce il quartiere. Il nostro obiettivo è quello di offrire nuovi spazi al quartiere con il nostro progetto che include parcheggi, spazi per esercizi commerciali di utilità e con la costruzione della terrazza sul tetto che ospiterà un grande parco accessibile a tutti dove chiunque potrà andare a trascorrere del tempo”.

A proposito di interior design

In questo contesto, dove è necessario mettere in relazione spazi privati e spazi pubblici, dove il progetto di interior design deve mantenere coerenza e omogeneità anche se cambiano funzioni e densità di ospiti, l’intervento degli architetti diventa particolarmente articolato. Quali soluzioni mettere in atto, quindi, per raggiungere questa armonia d’insieme? “Gli spazi pubblici e in generale tutti gli spazi di un edificio devono avere una loro logica all’interno di un percorso. Ci sono spazi che devono comunicare senso di riservatezza e ce ne sono altri che devono offrire stupore o meraviglia. Questi luoghi avranno dimensioni, altezze, arredamento ed illuminazione diversa per poter comunicare diverse sensazioni e poter essere utilizzati con coerenza. Di volta in volta si entra nell’identità del luogo e dell’edificio in maniera da utilizzare soluzioni coerenti per strutturare i diversi ambienti. Il comfort è il vero centro dell’albergo, inteso come benessere a tutto tondo, fatto di materiali, luce, profumi”, dichiara Flaviano Capriotti.

Continua Alberto Apostoli, coinvolgendo nel progetto, e quindi nella previsione sugli spazi necessari, anche chi lavora nella struttura: “l’interior design deve necessariamente essere coerente in tutte le parti, private e aperte al pubblico, con immagine coordinata dalle aree comuni sino alla spa e centro benessere. Unica eccezione potrebbe rappresentare il ristorante, dove usualmente si può optare per una proposta differenziata, più high standing rispetto all’offerta tradizionale rivolta esclusivamente alla clientela interna. Dal punto di vista invece tecnico-funzionale, sono necessari alcuni accorgimenti riguardo la componente acustica, illuminotecnica, tecnologico-multimediale, o di spazi di servizio, come guardaroba o luggage storage separati.

La parte umana di housekeeping e manutenzione, inoltre, deve necessariamente avere un potenziamento, e dovrà essere in grado di gestire e coordinare il nuovo afflusso e necessità conseguenti. Gli spazi devono essere flessibili, resettabili, pratici, componibili, e facilmente gestibili dal personale che deve essere formato alla gestione e risoluzione di variabili ed eventuali problematiche”.

Chiude Nicola Accurso nel sottolineare quanto l’atmosfera che si crea attraverso il progetto di interior design sia strategica nel percorso per attrarre gli ospiti: Utilizziamo materiali caldi (soprattutto il legno) ravvivati dalla presenza di carte da parati di grande personalità e colori delle superfici molto profondi, atmosfere che trasmettono home-feeling, grande flessibilità degli arredi (ovunque può accadere tutto), grande presenza di spazi outdoor e di piante (siamo biofilici); inoltre ogni spazio ha una funzione (anzi è polifunzionale, come lo sono alcune camere che diventano location per eventi privati). Il risultato finale è che le nostre strutture sono piene di vita e socialità”.

Hotel alla conquista della clientela esterna, consigli d’uso - Ultima modifica: 2025-01-15T11:59:31+01:00 da Antonia Solari

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